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AFFITTASI
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Spente
le luci e chiuso il portone, puntualmente nel Museo di Storia Naturale
si ripeteva uno straordinario incantesimo. Tutte le creature si animavano
e ritornavano a vivere. L'aquila impagliata usciva dalla vetrina e volteggiava
sui soffitti insieme a falchi, corvi e passeracei. La volpe e gli altri
mammiferi si rincorrevano felici da una stanza all'altra e i rettili strisciavano
sopra e sotto le sedie. Dai fogli dell'erbario sbucavano verdi germogli,
i prataioli rinsecchiti riacquistavano il delicato colore rosato delle
lamelle. Era tutta una magica festa con grida e schiamazzi che, però,
le orecchie umane non potevano udire.
Quella sera, a differenza di sempre, tra le sale aleggiava una diffusa
mestizia. Gli uccelli rimasero nelle loro vetrine; la volpe e la donnola
non abbandonarono la loro tana di cartapesta e i roditori, di solito tra
i più chiacchieroni, non squittirono.
Poco prima, con quattro colpi secchi, qualcuno aveva affisso sul portone
uno sgargiante cartello con la scritta "affittasi". Ciò
voleva dire che il Museo doveva chiudere e forse per sempre. L'amministrazione
comunale, sindaco in testa, l'avevano privato del sostegno finanziario.
Per loro era una struttura scomoda dove si parlava di protezione della
Natura, tutela del bosco, educazione dei giovani e nulla interessava se,
ormai da diversi anni, aveva contribuito ad offrire ai forestieri un'immagine
positiva della città: tutte cose belle, ma poco importanti dal
punto di vista elettorale.
Nello scoramento generale si fece avanti gagliardamente il riccio. Redarguì
le creature del Museo per il loro immobilismo e li incitò all'azione.
"Noi abbiamo una potente arma sconosciuta agli umani: la forza della
magia. E' ora che ognuno di voi faccia la sua parte!".
"Io mi occupo del sindaco!" esordì il prataiolo cui era
noto il debole del primo cittadino per i funghi. "Noi uccelli prenderemo
di mira l'assessore all'ambiente!" notoriamente spavaldo cacciatore.
"Noi rettili il consigliere Caio", "Noi insetti il consigliere
Sempronio" e così via.
Dai propositi ai fatti il passo fu breve. Quella notte il sindaco fu assalito
da un incubo senza precedenti. Si vedeva circondato e quasi soffocato
da funghi di ogni genere: ovoli buoni e cattivi, chiodini, porcini, orecchiette,
gallinacci e chi ne ha più ne metta. Senza riuscirci, tentava di
calpestare quelli velenosi e raccogliere quelli commestibili; questi gli
sfuggivano sempre di mano e il suo cesto era sempre vuoto.
La mattina si svegliò stralunato per recarsi al lavoro. Lungo la
strada incontrò il segretario del suo partito in compagnia di una
influente impiegata comunale. Rivolto all'uomo indirizzò un gesto
di saluto aggiungendo " Salve porcino malefico!", e alla donna,
accennando ad un inchino, " I miei rispetti tignosa verdognola".
La sera stessa fu convocata la direzione di partito per discutere della
gravità del caso.
All'assessore, grande cacciatore, non andò meglio. A turbare il
suo sonno pensarono uccelli e uccellacci che gli svolazzavano in faccia
in un turbinio infernale. Taccole, fagiani, pernici, ma anche cornacchie
e gazze che lo tormentavano posandosi sulla sua testa e defecandogli in
faccia. Il poveretto cercava di difendersi sparando a ripetizione col
suo nuovo fucile automatico, ma non riusciva a colpirne alcuno. L'indomani
di buon ora, con due carabine a tracollo si recò in piazza stramaledicendo
gli ambientalisti e tra il fuggi fuggi generale sparò all'aquila
di bronzo, stemma del comune. Immediatamente arrivò un'ambulanza,
fu caricato di peso e spedito diritto al manicomio.
Gli insetti pungitori si occuparono dei consiglieri della maggioranza
che si ostinarono a punzecchiare i cittadini con battute sciocche e scempiaggini
di ogni genere. Divennero così antipatici che gli stessi loro amici
si pentirono di averli votati, anzi giurarono di non farlo più.
Neanche i consiglieri dell'opposizione furono risparmiati. Le cimici riversarono
le loro olezzanti qualità rendendoli inavvicinabili da parte dei
cittadini.
Si ebbe un'ondata di dimissioni: prima gli assessori, poi i consiglieri
e, per ultimo, il sindaco, che dovette abbandonare lo scanno a cui teneva
tanto. Arrivarono i commissari, che già conoscevano il paese per
avervi soggiornato tempo prima, e furono indette nuove elezioni, ma questa
volta il popolo si dimostrò più saggio e attento nell'eleggere
i suoi rappresentanti.
Il cartello con la scritta "affittasi" scomparve e la sera l'incantesimo
delle creature del Museo riprese più gioioso e chiassoso di prima |
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