La sughereta di Niscemi costituisce
un antico relitto di querceto termofilo mediterraneo. Essa, a partire
dall'ultimo periodo post-glaciale, circa 10.000 anni fa, fino ai nostri
giorni ha subito tormentate vicissitudini legate alla presenza umana.
Già nella preistoria vi si insediarono popolazioni primitive
attirate dalla salubrità del posto e dalle sorgenti. Successivamente
Greci, Romani, Bizantini e Arabi misero a coltura la piana sottostante,
ma poco incisero sulla copertura arborea della collina.
Con i Normanni avviene l'affidamento dei feudi in ricompensa ai servigi
forniti nella lotta ai musulmani. Fu così che le terre di Niscemi
furono concesse alla nobile famiglia piacentina dei Branciforte. Per
almeno tre secoli la foresta si mantenne florida, popolata da lupi,
daini, cinghiali e carnivori come martora e gatto selvatico. Una svolta
a questo equilibrio si ebbe agli inizi del 1600 quando i suddetti
signori ottennero la licenza a popolare il feudo. Da allora il querceto
subì un inesorabile arretramento che andava di pari passo con
l'aumentare degli abitanti della cittadina. Scomparvero rapidamente
i boschi di Castellana, Costafredda, Pilacane e buona parte di quelli
di contrada Vituso e Apa.
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Tombe a forno c/da Polo |
Lame di selce |
Bollo laterizio di età romana (C/da
Petrusa) |
Pietra di confine dei feudi |
Telegramma diretto al Comando Centuria di
Enna (anno 1938) |
Altro
momento cruciale si ebbe nel 1800, quando con enorme ritardo rispetto
al resto d'Italia venne abolita la feudalità e spezzato il
latifondo che aveva immiserito e affamato le popolazioni meridionali.
Con le nuove disposizioni borboniche una parte dei feudi doveva essere
sottratta ai padroni e affidata al comune che a sua volta l'avrebbe
ripartita ai contadini. Il distacco, basato sugli usi civici delle
popolazioni si concluse nel 1852. L'operazione di assegnazione ai
contadini, tuttavia, si protrasse per decenni, anche perché
le amministrazioni comunali, che dalla vendita del sughero traevano
grossi proventi, erano restie ad effettuare le quotizzazioni. Queste
furono avviate nel 1887 con la clausola che non si potevano abbattere
le sughere. Ovviamente i contadini, senza terreni da coltivare, si
sentirono beffati reagendo con tagli e incendi. La questione fu risolta
con la retrocessione al comune di parte delle quote: nascono così
i boschi comunali.
Nel XX sec. l'interesse per il bosco resta legato al commercio del
sughero. Durante gli anni Trenta il locale comando della Milizia Forestale
pose un freno ai reati e le amministrazioni emanarono efficaci provvedimenti.
Negli anni Cinquanta si effettuarono massicci impianti con eucalipti
che sostituirono del tutto o in parte le specie autoctone. Nel prosieguo
degli anni le attività subericole quasi si azzerarono e lo
sparuto querceto fu utilizzato come discarica. Fu solo grazie all'appassionata
azione di un gruppo di ambientalisti locali che si riuscì,
tra grandi difficoltà e ostilità, a fare approvare,
con D.A.
del 25 luglio 1997 della Regione Siciliana,
il progetto per l'istituzione della Riserva Naturale Orientata che,
nella motivazione, cosi recita: "i
boschi di Niscemi rappresentano il più importante relitto di
sughereta mista a lecceta esistente nella Sicilia Centrale, valorizzata
da aspetti di macchia e di gariga che ospitano importanti elementi
floristici e faunistici". Questa venne ufficialmente
inaugurata il 19 ottobre del 2007, con l'intervento delle autorità
regionali e la massiccia partecipazione della popolazione.
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Decortica storica (anni '40) |
Fattoria Gallo (C/da Carrubba) |
Attrezzi e strumenti nel Museo della Civiltà
Contadina |
Entrata della Riserva |
Inaugurazione del 19/10/2007 |